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| Francia capovolta, il calcio diventa discriminazione
Jean-Marie Le Pen, leader della destra gallicana, e Georges Frêche, il social-chauvinista, cominciano a scorgere qualche segno di torbida letizia. Da anni inveiscono contro la Nazionale di calcio che a loro pare un delirio marasmatico di «negri e di magrebini», scarsamente maculata di eredi pallonari del biondocrinito Vergingetorige. Ebbene l’uovo si è schiuso, come dice il presidente Sarkozy si agisce: anche in area di rigore la Francia o la si ama o la si lascia. Si comincia dai bambini, ci vorrà qualche tempo, ma tra dieci, facciamo quindici anni, potrà sillabare la Marsigliese una bella «équipe» addestrata alla identità nazionale.
Si osservi quanto succede per esempio nell’Ile-de-France, il dipartimento della capitale, fucina inestinguibile (finora) di grandi talenti black e beur del calcio transalpino. Fino a qualche mese fa, quando genitori trepidanti presentavano i pargoli alle società delle banlieues per iscriverli alle scuole di calcio, i responsabili gettavano uno sguardo goloso soprattutto sui discendenti dei dipartimenti scaldati dal sole del tropico e dei Paesi dell’ex impero. Eccole qua le reclute, per clonare le meraviglie di Thuram e Zidane! L’unico documento richiesto era il certificato medico di sana e robusta costituzione e la frequenza scolastica: e poi via, in campo ad imparare l’arte sopraffina del tunnel. Adesso la festosa e limpida sintassi dei moduli si è complicata: si richiedono carta di identità del padre e talora una attestazione del suo salario. Se le future «espoir» non risultano residenti in Francia da almeno cinque anni: «Spiacenti, non possiamo accettare suo figlio, ci sono regole severe».
Già un migliaio di richieste sono state respinte. Si rimpicciolisce una delle poche possibilità per gli immigrati di diventare qualcuno: improbabile, infatti, la carriera di concetto verso le poltrone presidenziali di una delle società del CAC 40, statisticamente minima la chance di entrare all’Ena o al Polytechnique, scarsamente meticcio il cinema, c’è solo la via del gol che porta dritto filato alla integrazione e al conto in banca.
Chiariamo subito un particolare: il mefistofelico Blatter e la Fifa questa volta non c’entrano. É una idea tutta francese. É la Federazione che ha deciso di esigere un certificato di residenza di almeno cinque anni per concedere una licenza amatoriale ai giovani calciatori. A sentire le loro ragioni, siamo di fronte a un caso classico di effetti collaterali, e non voluti, di una intenzione virtuosa: «Se fossimo meno restrittivi apriremmo un varco regolamentare ai “negrieri” del football e agli intermediari fraudolenti di giovani talenti provenienti dal Terzo mondo». Vero: in Francia si moltiplicano i casi di ra...Read the whole post...
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